Quali sono le tendenze nel mondo del caffè? Vediamolo con Maurizio Valli

Oggi parliamo di Rinascimento del caffè in Italia, o “Third Wawe”, e delle tendenze nel mondo del caffè, delineando le similitudini che questo mondo sta avendo con ciò che anni addietro è accaduto nel settore vinicolo. Per l’occasione abbiamo deciso di intervistare Maurizio Valli, Barista SCAE e formatore aziendale, oltre che giudice internazionale al Campionato Italiano per baristi.
Diventato nel 2012 uno dei 57 AST (Authorized SCAE Trainer) presenti in Italia, nel 2014 decide di creare a Bergamo la micro torrefazione Bugan Coffee Lab, di cui è titolare, oggi diventata una case studio italiana ed internazionale. Un progetto che raggruppa 4 aree: accademia del caffè, in cui vengono svolti corsi di formazione per baristi, tostatura e analisi sensoriale, corsi di certifcazione.
Nel 2015 vince il premio barista dell’anno e oggi, con il suo caffè, entra anche nei migliori ristoranti d’Italia.
Lo si può definire un esperto di caffè che unisce le competenze del selezionatore, tostatore e trasformatore: dai grani alla tazza.
Ecco il suo punto di vista.

Da alcuni anni il mondo del caffè è al centro di un’importante evoluzione, un argomento che oggi vorremmo approfondire insieme a te, esperto del settore e pioniere di questa evoluzione.

 

In questi ultimi tre anni, il settore del caffè è stato al centro di una grande evoluzione: una “new wave”, in termini di cultura e qualità, che viene chiamata “Rinascimento”. Un cambiamento profondo che sta stimolando non solo la crescita dei baristi e del consumatore finale ma ne sta modificando il rapporto stesso. Certo, siamo ancora lontani dalle aspettative che il consumatore del vino ha nei confronti del sommelier, ma sono convinto che entro qualche anno anche nel mondo del caffè, il consumatore finale sarà molto più preparato e, quindi, esigerà di più dal barista. Basti pensare che nella mia attività commerciale di via S. Bernardino a Bergamo, quando ho aperto nel 2000 vendevo vino alla spina, ora se non avessi almeno 100 etichette non sarei considerato. Questo per dire che ho visto il mondo del vino crescere in modo esponenziale. Nel 2014, quando ho aperto in maniera pionieristica il Bugan Lab, il primo laboratorio di caffè in Italia, ero fermamente convinto che questo mondo avrebbe seguito la stessa evoluzione che ha avuto quello del vino. Anche le Accademie e le scuole di caffetteria hanno giocato, e lo fanno tuttora, un ruolo fondamentale nel divulgare conoscenza e cultura del caffè.

 

Il focus del consumatore si è spostato su scelte di maggiore qualità, sia nella materia prima che nella preferenza di un barista preparato. Ritieni che questo cambiamento sia  sostenuto da una parallela evoluzione delle attrezzature? E quali sono, secondo te, le tecniche che in questo momento vanno per la maggiore?

 

Per quanto riguarda le attrezzature, sappiamo che l’Italia è il Paese che ha inventato la macchina da espresso, ma che si è poi fermato sulle tipologie di caffè da inserire in questa attrezzatura. Il risultato è quello di avere moltissime tipologie di caffè dal gusto abbastanza omologato. Detto ciò, personalmente l’espresso è il metodo di estrazione che preferisco, ma esistono sicuramente altre tecniche molto interessanti che si stanno affermando sempre di più anche in Italia. In questo momento sicuramente la V60 – tecnica di estrazione a filtro che permette di ottenere tazze di caffè molto pulite ed esaltare gli aromi dei nostri chicchi preferiti, nonchè quella che sta registrando il maggiore successo; ma anche la aeropress – tecnica di estrazione a pressione, inventata circa una decina di anni fa in America, che eroga caffè sotto condizioni ideali quali temperatura controllata, immersione totale, e filtraggio rapido, la Chemex – macchina inventata nel 1941, ottima perchè permette di estrarre un caffè mantenendone il sapore inalterato, la Kalita – tecnica, la Clever – ottima perchè combina le migliori caratteristiche di French Press ed estrazione a filtro senza gli svantaggi di ciascuno di questi metodi, e la CallBrew, una bellissima attrezzatura che permette di estrarre caffè a freddo, sono attrezzature molto oggigiorno molto apprezzate. Tornando alle attrezzature, oggi  la macchina da espresso è a tutti gli effetti un computer; ci sono addirittura macchine che pesano la quantità di bevanda in tazza, che ti permettono di variare la pressione, la temperatura e la portata del vapore. Attrezzature veramente professionali che richiedono baristi altrettanto preparati, poiché non basta più avere un barista professionista e un caffè di qualità se poi viene utilizzata una macchina che non permette di estrarre quella materia prima di qualità, in maniera perfetta.

La miscela è da sempre il simbolo del caffè made in Italy. Secondo te la percezione da parte del consumatore di oggi è diversa da quella di ieri? Cosa ne pensi delle monorigini?

 

Io sono molto contrario alla miscela e sposo invece la monorigine fondamentalmente perchè, da quando sono nato barista nel dicembre del 2000, sono consapevole del fatto che la cosa più difficile per un barista che utilizza la miscela è avere un prodotto costante. Nella miscela, la confusione è già all’interno del pacchetto. Basti pensare che nel nostro macina caffè, appurato il fatto che ad oggi non ne esista uno che riconosca le monorigini e le misceli in modo adeguato, quando versiamo un sacchetto stiamo versando chicchi di caffè in maniera casuale. Chi può sapere qual è la percentuale di arabica e di robusta che si unisce nel momento in cui i chicchi vengono macinati? Potrebbe addirittura verificarsi che in un certo momento si stia macinando esclusivamente arabica. Il bello della monorigine invece, è che ogni anno ottengo un prodotto diverso quindi un’esperienza diversa che io offro al mio consumatore. Io penso che quando si parla di specialty coffee, ovvero di caffè pregiati, la cosa più importante siano il clima e la terra. Fattori fondamentali affinchè il caffè possa essere definito “specialty”. Ad esempio il crop, ovvero l’anno di raccolta, è come quello del vino. Se abbiamo un raccolto 2014 messo poi in vendita nel 2016, sicuramente le due annate saranno differenti, poichè prodotti naturale, della terra. Come il vino, anche il caffè è frutto della terra. I fattori che contribuiscono alla produzione di una buona monorigine sono quindi tutti quelli della filiera: terra, clima, acqua, esposizione al sole, modalità di raccolta, conservazione. Tutti questi elementi contribuiscono a rendere unica l’esperienza di degustazione. Detto questo, secondo me non è possibile aver lo stesso caffè in 25/30 bar della stessa città. Che senso ha che se vado in un ristorante assaggio quello che lo chef mi propone e se vado in due bar adiacenti bevo lo stesso caffè? Anche il bar ti deve offrire un’esperienza diversa. Un approccio innovativo, da cui nasce  il mio Coffee Bugan Lab.

Starbucks arriva in Italia: cosa ne pensi di questa novità? Sei favorevole?

 

Sono sicuro che l’ondata di Starbuck’s in Italia rappresenti una svolta per il mondo del caffè, quindi per tutti i baristi professionisti, grazie al carattere innovativo e all’avanguardia di questa grande e importante realtà. Un arrivo che creerà un’audience non indifferente, in grado di richiamare innumerevoli persone tra professionisti e curiosi, che sarà fonte di stimolo e di innovazione per molti. Un’ondata stimolante, di cultura e qualità che, a mio avviso, ridimensionerà anche il mondo del caffè, tenendo dentro chi è formato e preparato e lasciando invece fuori chi improvvisa.