La vendita a scaffale è il risultato di un lavoro di squadra in cui Brand, Agenzia e Buyer lavorano a più mani con un obiettivo comune: ottenere delle performance di successo.
Il consumatore finale è sempre più attratto ad acquistare prodotti della stessa merceologia, con un valore aggiunto rispetto ad altri e, per questo, l’approccio alle politiche di visual merchandiser deve essere valutato e programmato in modo strategico per evitare errori di posizionamento. Dal canto loro le insegne distributrici necessitano di una veloce rotazione dei prodotti sugli scaffali in un mercato dove la concorrenza tra le varie marche e referenze è fortemente esasperata.
Pertanto, all’interno di un processo di innovazione continua da parte dei produttori che accorcia inevitabilmente il ciclo di vita dei prodotti, è necessario coniugare le esigenze distributive delle insegne con la conflittualità di marca fra i vari competitors.
Se il prodotto non performa, il suo destino nel tempo è l’eliminazione dall’assortimento da parte del distributore. Prima di arrivare a questo, bisogna approfondire cosa funziona e cosa va cambiato nella proposta.
Packaging design e prezzo sono, in prima battuta, i due fattori da analizzare con estrema lucidità. Il pack deve distinguersi dalle proposte dei competitors, valorizzare il prodotto e favorirne la riconoscibilità da parte dell’acquirente. Keywords e plus devono arrivare in maniera diretta e semplice, logo aziendale, marchio, cromatismi e font, distintivi e lontani dall’immagine della concorrenza. Di fondamentale importanza, la coerenza con il posizionamento per evitare di colpire un target diverso da quello individuato e commettere degli errori che distorcono anche la politica di prezzo.
Una variabile da non sottovalutare è il posizionamento “fisico” nel PdV, la scelta del reparto sbagliato o il collocamento caotico della referenza possono provocare disorientamento nei confronti dell’acquirente. Su questo fronte, è sempre consigliabile seguire il prodotto nel suo percorso fino al consumatore finale.
Come?
In primo luogo è strategico gestire un rapporto bidirezionale con il buyer di riferimento delle diverse insegne e programmare delle azioni a supporto delle vendite, evitando di subirle soddisfacendo le esigenze promozionali dell’ultimo minuto.
In secondo luogo, approfondire la conoscenza dei prodotti della concorrenza e monitorarne la loro evoluzione.
Da ultimo, è utile visitare costantemente il punto di vendita e analizzare nel dettaglio il posizionamento del prodotto sullo scaffale.
Ne parliamo con Mario Garini che per anni ha gestito le politiche di acquisto e di vendita in importanti insegne della GDO e ora svolge attività di consulenza in ambito vendite e marketing.
Il merchandising richiede una visione strategica del processo dove la capacità di analisi, unita a strumenti di controllo efficaci, deve portare ad individuare le variabili rilevanti sulle quali intervenire tempestivamente.
Non deve essere un’attività isolata, ma va svolta nel tempo in maniera continua e sistematica.
Ricordiamoci che un bene di consumo non è venduto finche non è nelle mani del consumatore finale.
Per un’azienda interessata a mantenere la sua leadership nel lungo periodo, il prodotto diventa profittevole solo dopo essere stato acquistato ripetutamente dallo stesso consumatore.
Non basta avere stipulato un accordo con le aziende distributrici per inserire il prodotto in assortimento, perché è proprio da quel momento che “il lavoro si fa duro”.
Bisogna sapersi relazionare con il buyer, condividerne gli obiettivi, senza mai perdere di vista i propri, individuare e programmare azioni per sviluppare le vendite e il profitto, essendo creativi, e se possibile unici, nella proposta complessiva>.
E infine, aggiungiamo noi, far sì che la referenza “giri”, con la gratificazione di tutti i componenti del team: Brand, Agenzia, Buyer.
In NokNok, a completamento dei servizi di grafica e packaging design, abbiamo implementato un’attività di consulenza su questi temi.
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